Contratto soggetto a forma scritta: possibile una forma diversa per la pattuizione della caparra confirmatoria

Per i giudici, ad esempio, la fattura commerciale emessa dal debitore e recante causale specifica di caparra confirmatoria, se accettata senza contestazioni dal creditore, anche mediante comportamenti concludenti, costituisce valido elemento di prova dell’esistenza dell’accordo

Contratto soggetto a forma scritta: possibile una forma diversa per la pattuizione della caparra confirmatoria

La pattuizione di una caparra confirmatoria, costituendo elemento non essenziale del contratto, non esige la forma scritta quando il contratto principale è soggetto a forma scritta ad substantiam. Inoltre, non è necessario che il patto con cui le parti stabiliscono la dazione di una somma di denaro con funzione di caparra confirmatoria sia coevo alla stipulazione del contratto principale, essendo ammessa una pattuizione accessoria successiva alla consegna del denaro, purché preceda la scadenza dell’obbligazione e sia compatibile con il conseguimento degli scopi previsti dal Codice Civile in materia di caparra confirmatoria.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 19425 del 14 luglio 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad una compravendita immobiliare, aggiungono che la fattura commerciale emessa dal debitore e recante causale specifica di caparra confirmatoria, se accettata senza contestazioni dal creditore, anche mediante comportamenti concludenti, costituisce valido elemento di prova dell’esistenza dell’accordo.
A dare il ‘la’ alla querelle giudiziaria è l’azione con cui due privati citano il titolare di un’impresa edile e chiedono la risoluzione del contratto preliminare di vendita relativo ad un appartamento, sostenendo la tesi dell’inadempimento grave del promittente alienante.
Riflettori puntati, in particolare, sulla restituzione, in favore dei due privati, di oltre 46mila euro, da loro corrisposti al titolare dell’impresa edile. Per i giudici di merito è logico parlare di mero acconto, per i due privati, invece, si tratta di vera e propria caparra confirmatoria.
Per i magistrati di Cassazione, però, va rivalutata la posizione dei due privati.
In particolare, quanto alla forma scritta della caparra, pretesa dai giudici d’Appello, in quanto patto accessorio ad un negozio soggetto alla forma scritta ad substantiam, i magistrati di Cassazione chiariscono che, poiché la forma scritta ad substantiam va osservata in ordine agli elementi essenziali del contratto mentre gli elementi accessori possono risultare da un atto amorfo, la pattuizione di una caparra confirmatoria, così come la sua integrazione, che si perfezionano con la dazione, non esigono la forma scritta, costituendo elemento non essenziale del contratto.
Con riferimento alla necessarietà della formazione coeva del patto contenente la caparra confirmatoria, invece, la non contestualità tra dazione della caparra e contratto è ammessa, poiché, in tema di contratto preliminare, la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria – che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (cosiddetto contratto principale) – ben può essere assolta anche da una dazione differita, così posticipandosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma a condizione che il momento di tale consegna sia anteriore al termine di scadenza delle obbligazioni pattuite con il preliminare e con la conseguenza che, nelle more della consegna, non si producono gli effetti che il Codice Civile ricollega alla consegna in conformità della natura reale del patto rafforzativo del vincolo. Tanto perché le funzioni di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio, pur accomunate nel medesimo istituto, sono distinte, onde la seconda – che si realizza, in caso d’inadempimento – non viene meno, una volta che la somma dovuta sia stata concretamente messa a disposizione del destinatario da parte del soggetto tenuto alla prestazione, uscendo dal patrimonio di quest’ultimo, per il sol fatto che la prima non si realizzi contestualmente, ove la materiale immissione nella disponibilità della somma stessa da parte del destinatario sia pattiziamente – e legittimamente, per quanto sopra evidenziato – regolata con tempi e modalità diverse rispetto alla conclusione del contratto cui la pattuizione accede. Allo stesso modo, e per le stesse ragioni, non è necessario che il patto con cui le parti stabiliscono la dazione di una somma di danaro con le funzioni sopra rilevate sia coevo alla stipulazione del contratto principale (il contratto preliminare, nella vicenda in esame, come invece affermato in Appello.
Se è vero, infatti, che l’ipotesi prevista dal Codice Civile come ordinaria è quella della dazione della caparra a mani del destinatario al momento della conclusione del contratto, ciò non esclude la possibilità di successiva pattuizione secondo modalità e tempi diversi, compresa una pattuizione accessoria successiva alla consegna del danaro o di cose fungibili, purché in ogni caso preceda la scadenza dell’obbligazione e sia comunque compatibile con il conseguimento degli scopi previsti dal Codice Civile in materia di caparra confirmatoria, onde consentire il particolare e migliore regolamento degli interessi voluto delle parti, rappresentato, nel caso specifico, dalla necessità di superare la pattuizione contenuta nel contratto preliminare, ove era stabilito che la parte promissaria acquirente avrebbe corrisposto in un’unica soluzione il prezzo pattuito al momento della stipula dell’atto definitivo, nel senso di rafforzare l’obbligo contrattuale inserendo una ‘pena civile’ a carico del promittente venditore. E ciò senza che tali modalità pattizie dell’acquisizione della somma al patrimonio del destinatario minimamente influiscano, una volta effettuato il versamento da parte del soggetto ad esso tenuto ed uscita quindi la somma dal patrimonio dello stesso, sulla natura giuridica e, quindi, sull’efficacia della caparra confirmatoria.
Con riferimento, infine, all’efficacia probatoria della fattura commerciale emessa – si badi bene – proprio dal promittente venditore e recante causale specifica della corresponsione di caparra confirmatoria (come da fattura, nel caso in esame), è evidente l’errore dei giudici d’Appello, poiché la fattura può costituire un valido elemento di prova quanto alle prestazioni eseguite, nonché quanto all’esistenza e alla liquidità di un credito, nell’ipotesi in cui il debitore la abbia accettata senza contestazioni nel corso dell’esecuzione del rapporto, allorquando tale rapporto non sia contestato fra le parti. Inoltre, una volta che la fattura sia stata portata a conoscenza del destinatario, l’accettazione non richiede formule sacramentali, potendosi anche esprimere per comportamenti concludenti.
Nel caso in esame, invece, i destinatari della fattura (cioè i promissari acquirenti) non solo hanno provveduto al pagamento – fatto pacifico – ma hanno invocato in sede giudiziale il titolo di caparra confirmatoria del pagamento da essi effettuato, così confermando il rapporto sottostante e accettando la fattura anche nella sua causale.

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